2021, pandemia, boom nelle vendite di impastatrici, robot da cucina e lei, la friggitrice ad aria.
Quella che viene presentata come il nuovo ritrovato della scienza e della tecnica, è in realtà in commercio dal 2010.
Sviluppata in Olanda, ad oggi è ancora Philips (il produttore originale) a detenere i brevetti per questa tecnologia.
Rispolverata da chissà quale meandro sconosciuto la friggitrice ad aria, o più elegantemente conosciuta come “air fryer”, è diventata una parte dell’organico di molte case.
Il fritto ha sempre avuto il suo fascino, simbolo di festa e di opulenza, di una tavola ricca e gioiosa; se prima era destinato a poche occasioni oggigiorno se ne fa un uso fin eccessivo.
Questa macchina si pone a soluzione di alcuni problemi che il fritto si porta dietro: non è più necessario immergere nel grasso il cibo, meno calorie, meno pericoli se si pensa a una marmitta di olio ustionante sul fornello, e niente odori che impregnano te e la casa per una settimana.
A livello pratico è una bella mano, che sia poi per moda, per una cucina apparentemente più sana o per curiosità, chissà.
Arriviamo al dunque: 2022, il Lock-down come un incubo che si spera rimanga lontano, e ‘sta benedetta friggitrice che ormai è sul pianale della cucina.
La febbre da fritto impervia ancora. D’altronde si sa, fritta, è buona pure la carta del giornale.
Carne, pesce, carboidrati di ogni tipo, merendine, e chi più ne ha più ne metta.
La domanda “cosa posso friggere” raggiunge presto gli estremi di cosa “non posso friggere”, sconfinando anche in sfide pericolose. Fortunatamente non diffusa o famosa in Italia “la frittura dell’acqua”, bomba a orologeria che ha causato non pochi feriti e danni in altri confini.
Tutto sommato il coronare della friggitrice ad aria è stato indolore: la sfida?
Ficcare qualsiasi cosa che v’è di commestibile in questa astronave.
Ed è arrivato, infine, il gesto dissacrante che rende una moda indelebile: la pasta.
E se il risultato stupisce, ottenendo qualcosa di simile (come idea) a delle nuvole di drago o degli snack particolarmente croccanti, il web si scatena presto.
Si sprecano i video, tra cui regna Tik Tok, in cui persone d’ogni tipo da ogni lato del mondo si cimentano in modo più o meno fiducioso, nel friggere della pasta. Chi la mette cruda (e ci si augura abbia un’assicurazione che copra il dentista), chi cotta, chi scotta, chi la passa prima in padella e chi dopo, chi la condisce col sugo, con salse o spezie, un gran disordine insomma.
La “teoria” non è cattiva però.
Molto (ma mooolto) alla lontana possiamo pensare alla pasta scaldata in padella, quella avanzata, a cui si fa fare una bella crosticina, magari con del formaggio. O ancora a ricette della tradizione come la frittata di scammaro, che prevedono una lunga rosolatura degli spaghetti nel tegame. La potenzialità viene presto presa al balzo, per creare, ispirandosi a questo trend friggi-pasta, uno snack.
La cosa che più lascia perplessi, ma neanche troppo, è che sia stato proprio un marchio italiano storico a italianizzare, o almeno provarci, questa moda usandola come strategia di marketing.
La pubblicità classica è infatti inutile, ed è bastato presentare il prodotto sui social, associandolo al trend originale, per avere una copertura da superstar. PAI, Prodotti Alimentari Industriali (attiva dagli anni ’50), ha ideato due snack a forma di pasta, gusto pomodoro e basilico. Da sottolineare la forma, poiché la composizione, per dirla terra terra, son patate.
Strategia di marketing strabiliante, e dimostrazione di come un’azienda storica possa avere uno spazio nel mondo contemporaneo senza esserne investita.
Tutto sta a vedere, ora, se questi snack son davvero buoni, e se possono vincere il critico ego degli italiani.