Di Loris Denti Tarzia
Genesi del mito Wagamama
Nella lingua giapponese esistono parole con la capacità di sintetizzare concetti difficili da spiegare con altri vocabolari. Una di queste è kaizen: letteralmente un “miglioramento costante”. Descrizione di una forma mentis entrata nelle politiche di molte aziende, improntate sul costante rinnovamento, e nella scena gastronomica contemporanea Wagamama ne è l’incarnazione fatta franchise.
È il 1992 quando il giovane Alan Yau decide di aprire un piccolo ristorante con cucina panasiatica, ispirato da una sua coinquilina a cui mancavano particolarmente i profumi e i sapori di casa. La devozione verso la sua musa ispiratrice è talmente alta da chiamare la sua attività con il suo soprannome: Wagamama, che significa per l’appunto “viziata”.
L’appena avviata realtà sboccia nei vicoli londinesi con molte difficoltà iniziali. Aspramente criticato dai suoi primi clienti giapponesi per aver rimaneggiato le ricette tradizionali. Ha infatti dichiarato al The Sun: “La reazione iniziale della comunità è stata estremamente negativa. I primi tre mesi sono stati molto duri”.
Ma dopo gli elogi del Time out e dell’Evening Standard, inizia la scalata dei primi gradini verso il successo, fino a diventare una catena dal valore di quasi 560 milioni di sterline, con ben oltre 130 sedi solo nel Regno Unito.
Non chiamatelo Fast Food
Un colosso del mondo ristorativo che rispecchia le politiche di un fast food à rebours; dove le lunghe tavolate che invitano a colloquiare, gli ingredienti e il servizio rimarcano un’etica puramente “slow”. Un analogo giardino zen, dove il cibo invoglia a mangiare con tranquillità.
A fare da perno all’attività è il ramen: piatto emblema del confort che può trasmettere un gustoso brodo di carne o vegetale, arricchito da noodles e vari condimenti. Non manca all’appello una vasta scelta di gyoza e bao farciti.
Seguendo la filosofia del continuo rinnovamento, l’attività offre un menu con proposte che riflettono la domanda del mercato contemporaneo: dalle preparazioni vegetariane a quelle vegane e senza glutine.
Le pietanze servite da Wagamama ricalcano il concetto di una cucina democratica; quindi, un’offerta basata su un pasto godurioso a prezzi ragionevoli e accessibili.
Il futuro dell’azienda
Adesso il multimilionario Alan Yau pensa ad un “Wagamama 2.0” per offrire la qualità dei suoi prodotti anche sulle mensole di un supermercato.
Con uno sguardo fisso sul futuro, Wagamama continua a conquistare i palati di tutto il globo grazie ad una formula che permette di fermarsi, gustare fumanti ciotole di ramen e apprezzare quei pochi momenti di calma concessi in una società che non smette di correre.
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