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MOLINO FERRARA

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Una lunga chiacchierata con Alessandro Ferrara, proprietario assieme al fratello Carlo di Molino Ferrara, per scoprire tutto ciò che si nasconde dietro a questo marchio d’eccellenza siciliano e capire meglio di cosa si parla quando i temi sono i “grani antichi” e l’essiccazione della pasta.

Come nasce la vostra azienda? La conduzione è familiare?
Il Molino Ferrara esiste dal 1926, ma si lega alla nostra famiglia nel ‘58 quando papà Liborio l’acquista tra mille sacrifici. Nel 2000 sfortunatamente nostro padre scompare e subentriamo io e mio fratello Carlo. Da quel momento cerchiamo di proseguire il lavoro iniziato da lui, scegliendo di rimanere legati al territorio, ad esempio commerciando esclusivamente le semole prodotte con grani del nostro territorio. Nel 2008 viene ristrutturato e installato un antico mulino a pietra naturale, con pietra Ferté che rilascia meno residui rispetto alle altre macine e dunque risulta tra le macine migliori al mondo. Con questo molino abbiamo iniziato a molire le farine di grani antichi, sempre nell’ottica di seguire quel filo logico del nostro territorio. Il passo successivo è stato quello di ottenere la certificazione biologica, che per noi ha sempre rappresentato un valore importante. Il progetto del pastificio nasce nel 2016, con l’intento di fare la pasta come si faceva una volta, un prodotto d’eccellenza ottenuto nel luogo dove la pasta anticamente è nata. Dunque la decisione di utilizzare solo grani duri autoctoni o antichi siciliani, naturali o biologici, che selezioniamo in azienda per la loro qualità.

Dove viene prodotta la pasta e da dove provengono le materie prime?
Tutti i nostri grani antichi sono coltivati sotto contratto di filiera da agricoltori locali, che ne fanno dei prodotti a chilometro 0 che aiutano l’ambiente e l’economia agricola locale con prezzi garantiti ed equi. Avere i nostri terreni è l’ultimo tassello che ci manca. Al momento abbiamo solo pochi ettari, che utilizziamo per fare ricerca sulle varietà.

Quali varietà di grano utilizzate per la pasta?
Per quanto riguarda i grani antichi prevalentemente utilizziamo Russello e Tumminia. Invece per quanto riguarda i grani autoctoni usiamo un blend di Simeto, Arcangelo, Marco Aurelio.

Cosa sono i grani antichi?
Quando parliamo di grani antichi facciamo riferimento a varietà che per secoli sono state coltivate sul territorio e che hanno subito una selezione naturale senza l’intervento della scienza moderna. Esistono diverse differenze tra un grano antico e uno moderno. Innanzitutto un grano antico ha una produzione per ettaro minore: un grano moderno oggi produce circa 50 quintali per ettaro, mentre un grano antico ha una resa di massimo 20 quintali a ettaro, uno dei motivi per cui costa di più. Bisogna poi dire che i grani moderni sono stati nanizzati, modificati geneticamente, alla fine degli anni ‘50, per aumentare la resa e risolvere il problema dell’allettamento a causa delle intemperie che creava problemi alle mietitrici. Un’altra differenza è che l’apparato radicale è differente: per poter tenere alto lo stelo, che nei grani antichi può arrivare a 190 cm, le radici si sviluppano maggiormente nel terreno. Una caratteristica che fa sì che si presti a essere coltivato in biologico, poiché le radici soffocano le infestanti senza bisogno di diserbanti. Un’altra differenza riguarda l’indice glutinico, che è più basso nei grani antichi e dà luogo a un prodotto molto più digeribile. Infine il sapore, che nei grani antichi è più intenso per il fatto che queste varietà, non essendo state incrociate, mantengono la loro identità. Inoltre i grani antichi solitamente sono lavorati in maniera diversa. Noi usiamo il molino a pietra che va a preservare tutto ciò che rientra nella cariosside del grano, anche per questo il sapore è più pronunciato.

Può parlarci meglio dell’indice glutinico?
Un indice glutinico più basso non favorisce la lavorazione, specialmente la pastificazione. Gli industriali prediligono un grano ad alto contenuto proteico perché essiccano a temperature molto alte (dai 60 agli 80°). Noi essicchiamo a massimo 42°, una temperatura ambiente estiva e gli diamo più tempo, così da superare questo ostacolo e non avere particolari problemi in lavorazione. La differenza è che la nostra pasta è digeribile, mentre quella industriale (fatta con grano proteico, indice glutinico alto e essiccazione a alta temperatura) ha una digeribilità molto inferiore.  

Che differenza c’è tra la “macinazione a pietra” e quella “a cilindri”?
La tecnica della molitura a pietra a velocità controllata in un unico passaggio permette di controllare la temperatura che raggiunge la materia prima in lavorazione, garantendo la qualità del prodotto finale che non subisce alterazioni da riscaldamento. Inoltre, la molitura a pietra tradizionale, permette di conservare maggiormente tutte le proprietà contenute nel chicco, dando luogo a farine ricche di nutrienti.

Come è fatta la vostra pasta?
Essicchiamo con dei cicli, con le temperature che oscillano tra i 38°C e un massimo di 42°C. Il tempo varia in base al formato e allo spessore. Per uno spaghettone arriviamo a 90 ore di essiccazione, nel caso della pasta corta ci vogliono circa 40-45 ore.

Che cos’è il “trabatto”?
Dopo aver trafilato la pasta, questa passa attraverso il trabatto. Un meccanismo costituito di pannelli vibranti che vengono investiti di aria calda. In questa fase la pasta subisce l’eliminazione dell’acqua di superficie che evita l’avvio di processi enzimatici che possono compromettere la qualità della sfoglia. Il prodotto ancora elastico inizia così il suo percorso di asciugatura.

Che importanza ha l’acqua nel ciclo di produzione? 
Per fare la pasta utilizziamo un’acqua depurata e alcalinizzata con un PH maggiore di 7.  Partiamo con un’acqua che nasce non acida e la controlliamo – con metodi naturali – affinché resti nei nostri parametri. Grazie all’acqua alcalina, non acida, la digeribilità è favorita.

Liscia o rigata?
Una pasta liscia è trafilata in teflon, una ruvida in bronzo, una rigata può essere stata trafilata in teflon o in bronzo. La riga al tempo si inventò per favorire l’essiccazione, perché il prodotto viene investito dal flusso d’aria in maniera diversa. Ad ogni modo non è la trafila che decreta la qualità della pasta, bensì l’essiccazione. Tutto sommato si potrebbe fare un buon prodotto anche con la trafila in teflon, mentre un’alta temperatura di essiccazione avvia un processo che sostanzialmente “plastifica” la pasta, che infatti in cottura rilascia meno amido.
Con i 40°C non compromettiamo le caratteristiche organolettiche della semola che rimane intatta, come è nata. Si vede subito quando una pasta è essiccata ad alte temperature, prende quel colore giallo ambrato che è totalmente estraneo alla pasta artigianale, di un colore decisamente più biancastro e slavato.

Dove si può acquistare la vostra pasta?
Nei negozi specializzati, nelle migliori salumerie ed enoteche, non la troverete al supermercato.

La pasta ‘cambia’ in base al mercato a cui è destinata?
Il 60% della nostra pasta è esportato all’estero, tra USA e Europa. È lo stesso prodotto, con la sola differenza che negli USA si predilige soltanto il prodotto Biologico.

Quale futuro intravedete per la vostra azienda?
Vorremmo ampliare il paniere dei nostri prodotti e implementare con snack salati e dolci.

La vostra pasta è il frutto del compromesso tra lavorazione all’antica e tecnologia, qual è la vostra filosofia a riguardo?
La tradizione è di fondamentale importanza. Con la tecnologia si dimezzano i tempi di lavorazione, caratteristica invece fondamentale del nostro prodotto. Il tempo che ci vuole, ci vuole e basta.

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