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VERRIGNI

Materia prima sempre e solo italiana, trafilatura in bronzo e, in alcuni casi, in oro ed un’essiccazione lenta e a bassa temperatura. Ricerca e innovazione qui si sposano con la tradizione centenaria della famiglia di pastai, dando vita a una pasta prodotta con sapienza a pochi chilometri da Roseto degli Abruzzi.
Ci racconta tutto Francesca Petrei Castelli, titolare dell’Antico Pastificio Rosetano Verrigni

Come nasce il pastificio?
L’Antico Pastificio Rosetano Verrigni nasce nel 1898 dall’intuizione di Luigi Verrigni, che viaggiando in Campania aveva conosciuto la realtà pastaia napoletana e l’aveva poi importata in Abruzzo. A quel tempo il procedimento era ovviamente molto diverso: la pasta si essiccava al sole e in inverno con il fuoco acceso. Negli anni ’70 sono stati acquistati i macchinari, gli stessi che utilizziamo adesso dopo averli aggiornati e resi fruibili per i tempi attuali.

Dove viene prodotta la pasta e da dove provengono le materie prime?
Le materie prime arrivano esclusivamente dal Centro e dal Sud Italia, usare grano italiano è sempre stata una prerogativa per noi. Grazie alla collaborazione con Francesco Paolo Valentini e la produzione derivante dalla mia azienda agricola, copriamo all’incirca il 70% del fabbisogno del pastificio. Il Grano Cappelli poi arriva dalla Puglia, coltivato da mio zio. Si può dire che sia una filiera quasi chiusa.

Quali varietà di grano utilizzate?
Il grano Cappelli è un grano originario di altissima qualità che come dicevo proviene dalla Puglia. Nella mia azienda agricola e in quella di Valentini coltiviamo principalmente grano San Carlo, una cultivar da sempre particolarmente vocata in questa zona; ha una buona tenacità, un buon indice glutinico e un alto tasso di proteine.

Come è fatta la vostra pasta?
Dopo aver preso forma attraverso le trafile in bronzo, la pasta viene fatta essiccare all’interno di camerini mobili, lentamente e a bassa temperatura – tra 45 e 50° C — con una durata che può arrivare fino a tre giorni, a seconda dello spessore dei formati, secondo l’antica tecnica del “pre-incarto”: le caratteristiche delle semole non subiscono variazioni, i naturali processi di fermentazione vengono rispettati e così la pasta Verrigni ottiene il suo inconfondibile sapore. L’impasto attraversa poi la trafila in bronzo o in oro con dolcezza, in quest’ultimo caso l’attrito è mitigato rispetto al bronzo ed ecco che la porosità della superficie dei formati trafilati in oro è diversa, maggiore ma anche provvida di profumi e croccantezza.

Trafilatura in oro, quali caratteristiche apporta alla pasta?
L’oro è il materiale con cui viene in contatto la semola impastata. Nel bronzo, metallo molto duro, si genera nell’estrusione una certa quantità di calore che va a “vetrificare” la superficie del formato, cosa che con l’oro avviene in maniera più delicata perché è più duttile. Gli chef Massimiliano Alajmo e Enrico Bartolini e le analisi del laboratorio Neotron di Modena hanno riscontrato una maggiore capacità di aderenza ai sughi, una spiccata croccantezza e un profumo di grano intenso.
Non è facile creare gli inserti in oro perché serve la collaborazione di un orafo, non solo di un trafilaio. Attualmente stiamo puntando a incrementare questa linea, avviata nel 2007, con nuovi formati: dal 2016 sono nati così i formati quadrati, dove l’angolo crea un effetto piacevole di croccantezza al palato.

Mi può parlare dello ”spaghetto al volo”?
Questo formato è nato dalla collaborazione con Ettore Bocchia (chef presso Villa Serbelloni, Bellagio), che chiedeva uno spaghettino che cuocesse in fretta per i brunch veloci del pranzo. Noi abbiamo messo a punto delle scanalature che dopo la cottura scompaiono quasi.

Che importanza ha l’acqua nel ciclo di produzione? 
È importante nella misura in cui sia insapore, inodore e pura. Noi usiamo acqua dell’acquedotto del Ruzzo, che proviene dalle nostre montagne. Non ritengo che sia fondamentale per la riuscita di un ottimo prodotto, dal momento che ne rimane davvero poca nel prodotto finito.

La pasta ‘cambia’ in base al mercato a cui è destinata?
È la stessa identica pasta: abbiamo solo due linee di produzione, sarebbe perfino più oneroso fornire all’estero una pasta diversa. Per Londra possiamo dire con orgoglio che siamo i produttori della pasta a marchio Harrods, lo stesso per Pec a Milano. Abbiamo poi piccole distribuzioni in diversi paesi; ordini importanti arrivano da Londra, ma abbiamo molti clienti in Francia, negli Stati Uniti e in oriente, dove è particolarmente apprezzata la pasta aromatizzata al nero di seppia. A questo proposito colgo l’occasione per sottolineare che le nostre paste aromatizzate sono realizzate esclusivamente con aromi naturali, non c’è chimica.

Liscia o rigata?
È un finto problema. È questione di palato, io sono abituata alla rigata. Quando si usa una semola di qualità e si lavora a bassa temperatura, il fatto che raccolga il sugo non dipende nemmeno dalla trafilatura. Tutti gli altri fattori sono una semplice aggiunta alla qualità del prodotto.

Dove si può acquistare la vostra pasta?
Contiamo una forte presenza nel mondo della ristorazione, ma la nostra pasta viene distribuita anche nelle enoteche e nei negozi gourmet.

Quale futuro intravedete per la vostra pasta?
Abbiamo sempre tantissimi progetti, una nostra caratteristica è proprio la voglia di innovare. Al momento stiamo mettendo a punto “la pasta del dottore”, dedicata all’endocrinologo Dott. Febbrari, che ha collaborato con noi. Abbiamo realizzato una pasta fatta con grani antichi che guarda alla salute, ma che non per questo deve perdere in gusto. Di poco tempo fa è la realizzazione dello spaghetto oro affumicato, che sta avendo grande successo nella ristorazione. Negli ultimi tempi infine stiamo dando particolare peso all’ecosostenibilità: stiamo studiando packaging riciclabili e abbiamo abolito i cavallotti in ottone ai fini dello smaltimento rifiuti. Nonostante il momento e pur essendo una piccola azienda, abbiamo deciso di investire per prepararci alla ripartenza; l’obiettivo è di essere presenti in tutto il territorio in modo più consistente.

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