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PASTIFICIO FAMIGLIA MARTELLI

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A Lari, incorniciato dalle alte mura dell’antico borgo medioevale, si trova il Pastificio Famiglia Martelli. Un pastificio artigiano tradizionale: “artigiano” perché accoglie in tutto 8 componenti della famiglia Martelli, “tradizionale” perché dietro ogni lavorazione, dall’impasto al confezionamento, c’è la sapiente mano di un Mastro Pastaio. Così la semola del vicino Molino Borgioli, riunita a sola acqua fredda e lavorata lentamente a basse temperature, dà vita a una pasta prodotta secondo le metodologie antiche, pienamente rispettosa di qualità e tradizione.
Ecco ciò che ha raccontato Dino Martelli, a noi di Passione Pasta.

Pastificio Famiglia Martelli

Dove viene prodotta la pasta e da dove provengono le materie prime?
Il nostro pastificio si trova nel castello di Lari, in quella che una volta era Via San Martino. Qui fino agli anni ’50 di pastifici ce n’erano due, ma l’altro ha chiuso nel ’53; poi in occasione del 90° anno dell’azienda il Comune ha ribattezzato la strada in Via Dei Pastifici, è stato un grande onore.
La semola arriva dai migliori grani duri del Molino Borgioli di Calenzano, dopodiché l’intera filiera è racchiusa tra le mura del nostro antico pastificio, un edificio su più piani dove si continua a lavorare come un tempo: in basso la produzione, in alto l’essiccazione. Certo, lavorare dentro a un castello pone delle difficoltà logistiche e dal momento che non facciamo uso di tecnologia abbiamo qualche complicazione in caso di pioggia e Tramontana, ma siamo estremamente orgogliosi di questa peculiarità.

Sul sito specificate che il vostro è un ‘pastificio artigianale tradizionale’, la vostra è una pasta all’antica dunque.
Per qualificarsi come artigiani basta essere iscritti alla Camera di Commercio, mentre per essere riconosciuti come “tradizionali” abbiamo dovuto richiedere autorizzazioni e registrare il marchio. È lo specifico riconoscimento attribuitoci per le particolarità del nostro pastificio, che ci distingue dalle altre aziende. Non è un termine che riguarda solo il numero di dipendenti, si prendono in considerazione fattori come la manualità elevata; è un qualcosa di più insomma.

Come è prodotta la pasta?
Noi impastiamo la semola solo con acqua fredda e lo facciamo lentamente, per non logorarne le qualità. L’impasto è poi estruso dolcemente da una trafila circolare in bronzo: si crea così una pasta porosa e ruvida, perfetta per assorbire il condimento e amalgamarsi in mantecatura. Ogni formato ha la sua trafila che le dà forma e consistenza. La pasta, così lavorata, mantiene inalterate tutte le proprietà. L’essiccazione segue il metodo tradizionale: temperature inferiori ai 36° C, ventilazione omogenea, umidità sotto controllo, ma sono soprattutto la maestria e l’occhio del pastaio a fare la differenza, perché le nostre non sono celle di essiccazione moderne, dotate di computer su cui programmare tutto il processo. Dalla nostra abbiamo solo esperienza e passione ataviche, che però sono fondamentali per capire quanta aria far circolare e a quale temperatura, per valutare il grado di umidità e intuire l’incidenza del clima esterno su ciò che avviene tra le nostre mura. E quando la pasta è finalmente pronta, il confezionamento avviene manualmente, pacco per pacco.

Che importanza ha, secondo lei, l’acqua nel ciclo di produzione? 
Nella graduatoria direi che è l’elemento che conta di meno, lo stesso può dirsi per l’aria. Può avere ancora una certa rilevanza per noi che abbiamo un pastificio tradizionale, ma non vedo come potrebbe influire sul processo produttivo di un’industria…

La pasta ‘cambia’ in base al mercato cui è destinata?
Esportiamo in 32 paesi, dal Giappone alla Germania. Ma, a Lari, non cambiamo nulla.

Liscia o rigata?
La penna è nata liscia nel 19°secolo a Genova, dove un tempo c’erano importanti pastifici. Con l’industrializzazione l’impasto era diventato più compatto, assorbiva meno e tratteneva meno il sugo, quindi hanno introdotto – giustamente – la rigatura per ovviare a questo problema. Noi siamo andati contro le esigenze del mercato, ma abbiamo continuato a fare la pasta come si faceva un tempo e alla fine ci hanno dato ragione. L’amatore cerca sensazioni particolari: qui mangiamo le penne almeno due volte a settimana e quella liscia si sente che è proprio più gentile.

Dove si può acquistare?
Abbiamo scelto di non servire la grande distribuzione, sebbene anni fa avessimo ricevuto una proposta allettante da una nota catena. Continuiamo a servire le tradizionali botteghe di quartiere, vendendo metà in Italia e metà all’estero. È una scelta che per noi funziona, non abbiamo neanche un rappresentante e già così siamo al massimo della produzione. E se anche un domani aumentassero i clienti, allungheremmo i tempi di evasione, ma non andremmo a intensificare la quantità.

Quale futuro intravedete per la vostra pasta?
Il progetto principale è uscire indenni da questo Covid. L’aspetto positivo è che ci sta permettendo di “far lavorare il cervello”, molta gente si è ingegnata, cosa che prima non faceva più. Concretamente, un domani molto lontano forse arriveremo al biologico. Quando anni fa arrivò la moda dell’integrale, provammo anche noi a fare degli spaghetti integrali, ma non ci piacquero; non eravamo abituati alla sensazione di raschiamento che la crusca produce in gola. Oggi in molti casi l’escamotage è quello di utilizzare solo una bassa percentuale di farina integrale, noi abbiamo preferito fare un passo indietro e restare fermi sulla tradizione. Noi siamo e saremo sempre quelli della tradizione.

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