La struncatura, in dialetto calabrese, è il nome di un tradizionale formato di pasta secca molto simile alle linguine, lunga circa 40 cm, di colore scuro e dalla consistenza particolarmente ruvida. È originaria della Piana di Gioia Tauro e dell’Aspromonte dov’è inserita nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT).
Origini
Nel corso del Settecento il porto di Gioia Tauro era un fondamentale punto di riferimento per lo scambio di merci, tra cui l’olio e il grano. Durante questo periodo, nella zona dell’Aspromonte iniziò a diffondersi questo particolare formato di pasta ricavata dagli scarti del grano. Trattandosi di scarti, la tipologia veniva venduta a poco prezzo fino alla Campania e in particolare in Costiera Amalfitana dove divenne, in poche tempo, il formato di pasta più distintivo delle classi sociali più povere. A fine Ottocento, a causa delle scarse condizioni igieniche in cui versava il Mezzogiorno, la sua produzione venne vietata e questo sebbene, e per nostra fortuna, molti continuarono a produrla e a venderla sottobanco, come merce di contrabbando. Oggi è possibile trovarla prodotta con un mix di farine integrali.
Cucina
Nonostante la sua travagliata origine si può definire la struncatura la massima espressione del territorio calabrese, soprattutto quando viene condita con alimenti tipici della regione. La ricetta più comune prevede l’uso di olive, peperoncino, pangrattato e alici ma ne esistono versioni anche a base di ‘nduja o stocco.
Una ricetta
Struncatura calabrese
Ingredienti per 4 persone
Per la pasta
100 g di farina di cerali
50 g di farina di castagne
50 g di farina integrale
30 g di farina di segale
Acqua q.b
Sale q.b
Per il condimento
100 g di olive nere
100 g di mollica di pane raffermo tostato
50 g di Pecorino grattugiato
30 g di filetti di alici
2 spicchi d’aglio
1 peperoncino
Prezzemolo tritato q.b
Olio di oliva q.b
Sale q.b