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ALESSANDRO GIRALDI

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Originario di Brisighella, delizioso paesino del Ravennate, Alessandro Giraldi dopo un lungo peregrinare è tornato ad officiare nelle sue terre, per la precisione al Fenicottero Rosa Gourmet del Resort Villa Abbondanzi. Archiviate dunque le esperienze collezionate presso Villa d’Este a Cernobbio, la Trattoria del Nuovo Macello a Milano e il periodo trascorso presso il blasonatissimo Noma a Copenaghen, il giovane cuoco torna e si stabilizza nella sua Romagna, dove propone una cucina esclusivamente “made in Italy” e il più possibile locale.

Qual è il primo piatto di pasta di cui hai memoria, quello che cucinava tua madre?

I primi ricordi che ho della pasta riguardano mia madre e mia sorella indaffarate al tagliere della pasta, che almeno due volte a settimana veniva posizionato sul tavolo in sala ed era il centro di produzioni spettacolari di ‘cepetti’ , cappelletti e ‘spoja lorda’. Ricordo come fosse ieri io bambino che guardavo esterrefatto mia sorella mangiare i cappelletti crudi, cosa di cui non mi saprei privare oggi.

Cosa rappresenta per te la pasta?

In base ai ricordi che ho, un piacevole momento d’aggregazione, in ogni suo aspetto, dalla produzione alla messa in tavola.

Quali sono, o sono stati, i piatti di pasta più significativi nella tua storia professionale?

Oltre alle emozioni nate tra le mura di casa, ricordo che da studente sedicenne entravo in punta di piedi nella cucina dello chef Tarcisio Raccagni, una delle stelle Michelin più importanti della provincia di Ravenna. Al termine delle lezioni scolastiche iniziavo quelle in cucina e rimanevo affascinato da ogni suo gesto, in particolare dal suo Tagliolino alla crema di scalogni e olio brisighello, facendo tesoro di ogni suo consiglio, anche quello più semplice e per nulla tecnico, ma a tratti affettuoso che mi diede una volta: “Ricordati Alessandro di pulire gli scalogni controvento o sarai sempre fermo per asciugare le lacrime, meglio ancora se ti trasferisci in una bella veranda.”

Che tipo di pasta proponi nel tuo ristorante? E, se la acquisti, da quali produttori ti rifornisci?

Proponiamo quattro piatti di pasta all’uovo e un risotto. L’idea comincia a crescere in base allo scopo che si vuole raggiungere: o troviamo due sapori che vogliamo sposare tra loro affidandoci ad un ripieno che accompagni senza sovrastare, oppure cominciamo dal ripieno d‘impatto attorno al quale costruiamo il progetto di un nuovo piatto. Stiamo anche studiando un piatto di pasta secca: i capelli d’angelo tiepidi, ostrica, crescione e salicornia. Per quanto riguarda la pasta quest’ultima abbiamo scelto il pastificio Benedetto Cavalieri, un grande prodotto.

Formato e condimento: il loro rapporto è delicato, percepito quasi come un vincolo. È il formato della pasta a determinare il condimento, oppure il cuoco è libero di fronte a quello che, a livello domestico, può esser considerato un vero e proprio tabù?

Il formato pone senza dubbio dei paletti, a volte arginabili, a volte meno, dipende da quanto una persona è focalizzata sulle tradizioni, legame molto forte nel nostro paese; aspetto vantaggioso o meno non spetta a me dirlo. Reputo si possa comunque rivisitare una tradizione senza per forza mancare del rispetto che le è dovuto. Io personalmente sono per i liberi abbinamenti, se un sapore e un formato fuori dagli schemi per quella ricetta si sposano in un bel sodalizio, ben venga.

Come immagini la pasta del futuro? 

Penso che la pasta sia parte di un percorso ciclico, come molte cose si spingerà a livelli ancora dai limiti vaghi, per poi riscoprire gradualmente vecchi costumi.

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