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Gualtiero Marchesi: lo Chef che ha cambiato il concetto di pasta

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Di Loris Denti Tarzia

La cucina come arte

“In ogni arte, e ciò vale anche per la cucina, la grande raffinatezza consiste nella sintesi e nella semplicità. Evidentemente, nella preparazione di un piatto come di qualsiasi opera d’arte, è necessario rifarsi alla tradizione, ma bisogna dimenticarla, senza tuttavia tradirla per ignoranza o negligenza.” 

Maurice Joyant

Così il critico d’arte Maurice Joyant, grande amico di Henri de Toulouse-Lautrec, definisce quella che per lui è l’essenza di una buona cucina. Inciso che si proietta nel futuro per rispecchiare quella che era forma mentis di Gualtiero Marchesi: bohemien culinario che ha plasmato l’idea stessa dell’alta cucina italiana.  

Spesso l’appellativo “avanguardista” si trova affiancato da quello “anarchico”, e anche questo caso non fa eccezioni. Con le sue creazioni, Gualtiero Marchesi è riuscito a soverchiare il concetto di pasta di quell’Italia così arroccata nelle sue tradizioni.  

L’ eredità di Marchesi

Sebbene la pasta abbia sempre avuto un ruolo predominante come portata povera, Marchesi dimostra come può essere elevata a un’arte sopraffina. 

Ed è così che il suo celebre ristorante milanese in via Bonvesin de la Riva, diventa la fonte non solo di una corrente culinaria, ma anche di un pensiero che si concentra sul valorizzare l’identità della materia. 

Ha creato piatti oggi iconici, ma nati da un’idea del tutto iconoclasta. Scopo ultimo del maestro era di diminuire drasticamente le quantità e abbinare formati a prodotti di lusso come foie gras, tartufi, e altri ingredienti considerati nobili. Inoltre, ha sfidato in modo provocatorio quel dogma gastro-culturale che vuole la pasta sempre servita calda e fumante. Come non citare i suoi controversi spaghetti freddi al caviale: connubio di semplicità ed estetica minimale. 

Dal suo repertorio spicca anche il suo concettuale raviolo aperto: dove un velo di pasta con l’emblematica foglia di prezzemolo fa da scrigno a delle prelibate capesante. Questo nuovo approccio ha mostrato come il tanto amato carboidrato possa convivere con le più raffinate preparazioni dell’alta cucina. 

Fonte di ispirazione, ma anche precursore di una cucina che ha portato una generazione di chef a passare oltre quei confini tracciati da preconcetti tradizionalisti. I suoi allievi, tra cui Carlo Cracco, Davide Oldani e Andrea Berton, hanno ricevuto un’impronta che si riflette nelle loro creazioni, caratterizzate da una genialità tecnica ed estetica. 

Tuttopasta

La visione di Marchesi viene spiegata in maniera ineccepibile nel suo libro Sapere di Sapori dove risalta il menù dal titolo Tuttopasta. Una sintesi che evidenzia la versatilità dell’amato carboidrato assieme alla sua natura neutra: quid fondamentale per un’infinita varietà di esperienze culinarie. 

Emblematici i suoi maccheroni gratinati allo zabaione, dove un formato concepito per preparazioni salate viene riproposto in chiave dolce. Un piatto nato per sovvertire tutti quei paradigmi che, in quel periodo, dettavano legge. 

Molte sono state le sue eredità, ma quella più evidente è la forza di una cucina con contorni ben definiti e soprattutto: semplice, sintetica e consapevole. 

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