Il pensiero sostenibile
Prima di dare forma ad un pensiero, bisogna prima di tutto saperlo curare e coltivare a fondo. Lo sa bene Luca Zecchin, cresciuto professionalmente sotto l’ala della famiglia Alciati e ora Chef del ristorante Coltivare della tenuta Brandini. Abbracciato dalle vigne e dai noccioleti, questo luogo incarna perfettamente la filosofia di una cucina devota alla terra e a quello che ha da offrire.
In questa intervista scopriamo la mente dietro la proposta gastronomica del primo Agrirelais delle Langhe.
Dal San Maurizio all’Agrirelais
La sua prima esperienza inizia in giovane età, nelle retrovie delle strutture stagionali.
“La storia è lunga ma è breve. Finita la scuola alberghiera a 16 anni inizio subito a lavorare durante le classiche cucine. Nel frattempo, conosco la famiglia Alciati. In quel momento avevano appena preso in mano il relais San Maurizio, un progetto che mi ha subito coinvolto.”
“Perciò, dopo aver fatto un anno e mezzo nella cucina di Guido da Costigliole, sono andato al relais come capo partita nel 2002. Dopo un anno e mezzo la società si è trovata in difficoltà per la mancanza di uno chef. Quindi, a soli 23 anni, ho le redini della cucina grazie anche alla consulenza di Ugo Alciati. Ci sono rimasto per vent’anni.”
Una famiglia che lo ha accolto e ha saputo valorizzare le sue capacità nel gestire una realtà d’hotellerie: “Per me sono stati dei maestri: soprattutto Lidia Alciati, che è stata in brigata con me fino al 2008. Lei mi dava le ricette e io le rivisitavo in chiave moderna.”
Un mondo che incomincia a stargli stretto per le difficoltà e le limitazioni creative.
“La cucina d’hotel iniziava a pesarmi tantissimo, in particolare per gli orari: il ristorante doveva garantire i pasti 7 su 7 e soddisfare le richieste culinarie di chi pagava una camera anche 1000 euro a notte. Qui all’Agrirelais abbiamo 5 camere, il 90% dei clienti hanno consapevolezza del posto e vengono per apprezzare la proposta che offriamo. Poi per quanto riguarda la creatività sei molto più libero e meno vincolato.”
E poi il Covid: un periodo nero per il settore ristorativo ma anche un’occasione per Zecchin di riflettere e dare peso al pensiero dietro la sua cucina e su quello che vuole realmente trasmettere.
“Durante il Covid mi arrivò una proposta dalla famiglia Brandini. Nel 2004 presero in mano un’azienda adibita come produttrice di vino. Nel 2014 la trasformarono in agriturismo per poi fare la svolta definitiva nel 2020: abbiamo deciso di mantenere queste radici ma di proiettarle verso il fine dining.”
I semi della sostenibilità
Aperti da poco più di un anno, la famiglia Brandini e lo Chef sono riusciti nell’arduo compito di costruire una realtà d’alto livello con un focus sul basso impatto ecologico. Traguardo importante il famoso trifoglio d’oltralpe, ottenuto in appena sette mesi dall’inizio dell’attività.
“Sul discorso della sostenibilità ci sono diversi punti da andare a toccare. Per quanto riguarda il nostro fabbisogno energetico noi siamo autonomi al 90% grazie a pannelli fotovoltaici. Poi ci sono le materie prime: dove è possibile cerchiamo di utilizzare tutto l’animale, dando molto spazio anche al quinto quarto. Usiamo solo materia prima dai produttori locali e vendiamo vini solo del Piemonte con qualche etichetta estera. Inoltre, facciamo anche compost grazie agli scarti umidi.”
Parte importante del pensiero dello Chef è senz’altro il personale. Un ingranaggio fondamentale di una azienda fondata su principi sani.
“Per me il fattore umano è importantissimo. Noi partiamo già avendo due giorni di chiusura, ma stiamo lavorando anche per riuscire a chiudere la domenica sera, così da garantire tre serate libere. Per noi è fondamentale che i ragazzi stiano bene.”
E poi c’è l’orto: ottimo atout non solo per l’autoproduzione ma anche per la creatività.
“Il nostro orto si estende su 30×15 metri, diviso in 12 piazzole, in più abbiamo una serra dove facciamo crescere i semi che saranno piantati. Ritengo sia una cosa molto importante perché dà un valore e un senso a quello che produciamo. Le verdure che coltiviamo sono anche un ottimo spunto creativo, in quanto per me è una nuova esperienza, non avendo mai avuto a che fare con la terra.”
Un amore per la pasta
La tradizione e il territorio fanno da matrice ad un amore verso i primi piatti, considerati essenziali per Luca Zecchin.
“Il 50% del menù deve essere dettato dai primi, ma non come quantità bensì dall’importanza che tu gli dai. Nella nostra zona ci sono una miriade di formati e modi di prepararli: ravioli del plin, agnolotti, cannelloni. Ne abbiamo tantissime nel nostro panorama culinario. Io trovo la partita dei primi molto stimolante perché ti dà la possibilità di sperimentare e mettere più cuore nella preparazione; infatti, nel nostro menù abbiamo sempre 2 o 3 primi dettati a voce; a noi piace metterci alla prova.”
Esempio lampante della devozione verso il carboidrato è senz’altro lo spaghetto di Enkir e storione affumicato. Attualmente presente in uno dei menù degustazione.
“La farina di Enkir è molto complicata da gestire, ha bisogno di un apporto proteico per farla stare insieme. Però è un ottimo modo per valorizzare il territorio perché questa tipologia di grano viene coltivato nelle nostre zone.”
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