Fausto Marino ci racconta come viene fatta la pasta di Mulino Marino, azienda piemontese a conduzione familiare, e, ancora prima, di tutto quel mondo che anticipa e si cela dietro al formato dorato che arriva nei nostri piatti. Dai campi di grano alle macine di pietra martellate manualmente, per giungere al sacco di farina e, solo allora, al processo di pastificazione effettuato in sinergia con un partner d’eccellenza.
Come nasce la vostra azienda?
La nostra è un’attività a conduzione familiare giunta oggi alla terza generazione: ci siamo io, mio fratello Fulvio e nostro cugino Federico. Mulino Marino nasce nel 1956, quando Nonno Felice e nonna Ida acquistano un mulino di origine medievale che andava ad acqua, caratteristica mantenuta fino a quando è stato possibile. Oggi purtroppo il canale non esiste più, ma abbiamo sostituito l’acqua con un approvvigionamento energetico solare che ci permette di essere rinnovabili e autosufficienti. Teniamo molto alla sostenibilità: dal campo, con la scelta dei fornitori, alla lavorazione in biologico all’interno del mulino. Negli anni ’60 abbiamo installato un mulino a cilindri per produrre farine di tipo 0 e 00, ma non abbiamo mai smesso con la macinazione a pietra naturale e oggi di questo tipo di mulini ne abbiamo dieci. Sia chiaro, non per aumentare la quantità, ma per andare nel minuzioso in termini qualitativi. Ogni macina ha una superficie diversa dall’altra e produce quindi una farina diversa. Noi periodicamente le “rabbigliamo” con speciali martelli per creare questa ruvidità opportuna a seconda della farina che vogliamo ottenere. Un’operazione manuale che consiste nel più alto concetto di arte molitoria e fa sì che artigianalmente non venga lasciato nulla al caso, ma si vada davvero a seguire quelle che sono le caratteristiche di ogni cereale che andiamo a macinare. In termini di artigianalità bisogna anche tenere presente che gli strumenti che utilizziamo, i mulini a pietra naturale, non sono sul mercato. Sono stati costruiti da noi in collaborazione con artigiani, sono pezzi unici.
Prima della “pasta” c’è tutto un mondo, che inizia dal campo e finisce in un sacco.
Prima della macinazione c’è tutta una parte che, almeno qui da noi, porta a fare investimenti veramente importanti. È la parte della pre-pulitura, della pulitura e del riposo del cereale prima della macinazione. Oggi stiamo investendo in tempo perché vogliamo dare il giusto riposo, che parte da un minimo di 8 ore a un massimo di 72 ore del chicco in granella. Questo processo favorisce la macinazione e fa sì che si inneschi una microfermentazione che poi aumenta a dismisura gusti e profumi. Oggi il tempo è denaro e molti non prestano abbastanza attenzione a questa fase, ma bisogna ricordare che il tempo è anche qualità.
Come viene prodotta la farina che utilizzate per la pasta?
Ci siamo reinventati come mugnai per pastificare, perché storicamente preparavamo sfarinati per la panificazione. Oggi diamo lo sfarinato al Pastificio Afeltra di Gragnano. Poi parliamo di pasta, ma pasta non è perché lo sfarinato di grano duro che otteniamo non è né una semola, né un semolato, né una semola integrale… il nostro prodotto viene chiamato “specialità alimentare di grano duro”. In tanti posti non ci posizioniamo neanche sullo scaffale delle paste, ma può essere perfino caratterizzante per noi. Inoltre, in quanto realtà artigianale, quello che possiamo fare, anche per distinguerci, è di produrre su espressa ordinazione del cliente, così per prevenire deperimento. Chi acquista le farine del Mulino Marino acquista farine che vengono prodotte su ordinazione del cliente, sia a livello B2B che B2C. La freschezza è fondamentale, garantiamo così un prodotto soddisfacente a livello tecnico, ma anche gastronomico.
Che differenza c’è tra il “mulino a pietra” e il “mulino a cilindri”?
La farina zero e doppio zero è ottenuta attraverso dieci passaggi di laminazione, mentre la farina macinata a pietra naturale si ottiene in un solo passaggio ed è integrale completa. Viene solo poi setacciata e si ottiene così una farina di “tipo due” che contiene naturalmente fibra e germe di grano, vivo e completo in tutte le sue parti.
Il germe di grano a volte viene escluso per non inficiare la conservazione della farina, altre volte viene reinserito in un secondo momento. Queste scelte influiscono sul prodotto finale?
Il reinserimento prevede un trattamento preventivo, che fondamentalmente si traduce in tostature per stabilizzare questo germe che è la parte più carica di parte grassa e oleosa. Lo si deve andare a trattare in modo che non vada ad evolvere negativamente. La tostatura di certo lo stabilizza, ma dall’altra parte causa un impoverimento nutrizionale non indifferente, perché la tostatura brucia il bello e il buono del germe. Noi non lo facciamo perché non abbiamo gli strumenti, poi perché la scuola iniziata da mio nonno voleva che si gestisse anche il germe al massimo e al meglio. La martellatura delle macine interviene anche in questo senso, perché permette che le parti di amido siano giustamente danneggiate in modo da andare a creare un involucro attorno a questo germe e che quindi gli faccia da protezione. Non sostituisce una tostatura, ma gli fa un po’ da protettivo.
Quali varietà di grano utilizzate per la pasta?
Oggi lavoriamo con mix di grani duri. Marco Aurelio in Oltrepò Pavese, nelle Marche e in Umbria coltiviamo, su diverse altitudini, la varietà Achille e poi, in Sicilia, coltiviamo la varietà rustica Simeto nell’omonima oasi. Un luogo meraviglioso dove i campi di grano si intervallano con distese di agrumi.
Come è fatta la vostra pasta?
Affidiamo il nostro sfarinato ad Afeltra, che usa l’acqua dei Monti Lattari. La fase d’impasto è fatta molto lentamente e la trafilatura viene fatta attraverso trafile di bronzo che sono lisce o rigate a seconda del risultato che si vuole ottenere. Commercialmente vanno di più le penne rigate, ma soprattutto all’estero va molto lo zito, che è liscio. Noi facciamo entrambi. L’essiccazione dura 3 giorni, con temperature che non superano i 48°. Afeltra è rimasto nella storica via Roma di Gragnano e utilizza macchinari che replicano la storica essicazione naturale.
La vostra pasta è il frutto del compromesso tra lavorazione all’antica e tecnologia, qual è la vostra filosofia a riguardo?
Macinare con metodiche mai variate nei tempi, mantenendo dunque un cuore tradizionale, è qualcosa che vogliamo tutelare. Oggi però siamo anche l’unico mulino in Italia che macina a pietra naturale, ma i cui mulini sono cablati informaticamente. Mulini a pietra 4.0, dove la qualità del lavoro e del processo produttivo, che è controllato in ogni momento, sono ottimizzate.
La pasta ‘cambia’ in base al mercato a cui è destinata?
Facciamo una tipologia unica di prodotto suddivisa in 8 formati. Grazie alla disponibilità di Afeltra pastifichiamo piccoli lotti (normalmente si usano lotti da 10- 15k kg di semola), noi utilizziamo 800-1500 kg del nostro sfarinato per ogni formato. Quindi anche lì abbiamo un prodotto sempre fresco e fornito su ordinazione.
Dove si può acquistare la vostra pasta?
La pasta è distribuita da noi, dallo shop online ai negozi di quartiere, Eataly per quanto riguarda la grande distribuzione.
Quale futuro intravedete per la vostra azienda?
Il progetto pasta ci interessava molto e finalmente l’abbiamo coronato con un partner d’eccellenza. Stiamo sviluppando poi la fucina agricola: 40 ettari in Alta Langa situati in una riserva naturale (Le sorgenti del Belbo, comune di Montezemolo), dove facciamo sperimentazione con contadini di fiducia. Qui pratichiamo la rotazione, coltiviamo Enkir, grano saraceno e altre varietà particolari. Poi effettuiamo test parcellari, per capire a livello di terroir e di metodica di coltivazione, quali sono le tecniche che ci permettono di ottenere le materie prime più alte qualitativamente possibile. Insomma, siamo mugnai, ma stiamo anche facendo un po’ i contadini.