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Intervista a Michele Lazzarini

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Contrada Bricconi: un sogno agricolo divento realtà fine dining

Esercizi di Stile” di Raymond Queneau è una raccolta di racconti che hanno in comune sempre la stessa trama: un episodio di banale quotidianità narrato in 99 stili diversi. Si potrebbe traslare questo espediente letterario allo scibile gastronomico collezionato da Michele Lazzarini. Classe ‘91, compie un importante pellegrinaggio con base stabile presso il (ei fu) St. Hubertus di Norbert Niederkofler. Seguono infinite variazioni sul tema al cospetto di chef monolitici del panorama della haute cuisine mondiale. Oggi è lo chef di Contrada Bricconi un progetto co-alimentato insieme a Giacomo Perletti che lo ha avviato ormai più di un decennio fa.

Ho avuto la fortuna di lavorare un po’ con tutti quelli che ho desiderato conoscere. L’unico con cui non sono riuscito, che però ho avuto modo di incontrare, è Jock Zonfrillo scomparso un anno e mezzo fa. Ha portato sempre avanti questa filosofia sì di cucina australiana, ma di ricerca sul cibo degli aborigeni. Sono andato a mangiare nel suo ristorante, ho avuto la fortuna insieme a Norbert di andare lì due settimane in questa riserva di aborigeni. Poi c’è Renè Redzepi. Non ho lavorato tanto tempo con lui. Secondo me è un visionario, uno da seguire, uno che mi ha sempre ispirato sullo stile di cucina. Poi forse avrei voluto avere la fortuna di vivere l’era de El Bulli ai tempi di Ferran Adirà. Purtroppo però non ho fatto parte di quella generazione di chef.”

Il tema del viaggio di Michele Lazzarini

La cucina di Michele Lazzarini non è quindi autoriferita, piuttosto si tratta di un avvincente gioco enigmistico fatto soprattutto di frammenti autobiografici. Il perno della vicenda è il viaggio, collante essenziale attraverso il quale lo Chef ha plasmato la sua autonomia culinaria.

“Nel mio caso viaggiare è fondamentale. Nei mei 10 anni al St. Hubertus avevamo possibilità di spostarci 4 mesi l’anno, durante la chiusura invernale. Ciò mi ha permesso di recarmi un po’ ovunque. Sono stato in Sud America, Australia. Vorrei tornare di nuovo in Giappone. L’ultima volta sono stato solo a Tokyo quindi mi piacerebbe esplorare tutta la parte nord tra cui Kyoto e Hokkaido. Un viaggio interessante potrebbe essere in Africa: un continente che a livello culinario non è stato ancora investigato abbastanza.”

Gli ingredienti non diventano dunque retorica applicata. La sintassi culinaria dello Chef tende a frantumarsi utilizzando figure retoriche alle erbe, flambadou, caramello di siero senza porsi limiti stilistici ma al contempo tenendo fede al proprio. 

“In cucina non esistono confini. Lo riscontro in Contrada Bricconi: ogni giorno c’è qualcosa da disfare e da reinventare. Si tratta di un progetto agricolo che è in continuo sviluppo e cambiamento. Una visione che non vedrò finita. Una visione, mia e di Giacomo, che è da qui a fin dove riusciremo ad arrivare. Se penso da dove siamo partiti e dove siamo oggi, mi accorgo dell’evoluzione che abbiamo avuto. Adesso siamo in un periodo in cui il menù si basa più sul territorio e materia prima, agricoltura. In progetti come i nostri, il cambiamento è sempre presente.”

Un ristorante giovane, fatto da giovani e che parla ai giovani

Pertanto quale registro linguistico utilizzare? Contrada Bricconi inizia come un casolare e bricco dopo bricco diventa il tabernacolo agricolo che è oggi. Una realtà agli inizi se si pensa alla longevità di altri templi della ristorazione ma che ha trovato la propria stamina attraverso approccio verticale e orizzontale.

Se guardo indietro, era la gerarchia ciò che teneva in piedi la brigata. Qui in Contrada sto cercando di allentare questa gerarchia. Certo, ognuno ricopre ruoli ben specifici sempre essenziali per il funzionamento della cucina. Tuttavia, ognuno è libero di dire la sua, perché ognuno ha le proprie idee. Siamo una squadra molto giovane. Il mio compito è aprire di più alle responsabilità e spronare il singolo a portare il proprio personale contributo al team. Secondo me è questo l’approccio da adottare con le nuove generazioni.” 

Una strategia comunicativa giovane che si rivolge ai giovani oltre le porte della cucina, giungendo in sala e arrivando sui tavoli persino attraverso quel menù dedicato agli Under 30.

“L’idea è venuta a Giacomo. Quando abbiamo alzato i prezzi anche in ottica di reinvestire, abbiamo iniziato a vedere i tavoli con meno giovani. Abbiamo quindi scelto di dedicare ai ragazzi le due serate con meno tavoli . Il giovedì sera e domenica sera adesso vedi solo Under 30. Questa è una super soddisfazione: riuscire a far appassionare le nuove generazioni, che poi sono anche quelle con cui lavoreremo in futuro.”

La pasta come inciso

Nel menù, la pasta ha giocato il ruolo di manifesto anti-surrealista: con Bottoni levistico e ruta, si sposta il focus non sul ripieno, bensì sulla forza del vegetale e dell’orto con risultati gustativi che determinano una nuova, pratica ontologia della pasta.

Noi abbiamo in carta sempre o un piatto di pasta fresca o uno di secca. In Italia siamo molto legati a quella che è la tradizione di un primo piatto. Lavorando al St.Hubertus ho potuto conoscere la realtà dell’azienda di Riccardo Felicetti che oggi ci fornisce la sua pasta qui in Contrada. La pasta è un ingrediente fondamentale anche nel nostro menù. Al momento in carta abbiamo le Lumachine, sieroinnesto, burro affumicato & trota: piatto nato un annetto fa.”

L’approccio culinario dello Chef resta saldamento ancorato ad una ben definita raison d’être. Le portate le scandisce la montagna e non l’uomo in una intersezione di insiemi ormai non districabile.

“La passione per la montagna è sempre stata nelle mie corde. Non mi ci vedo a vivere in città. Essendo che la mia cucina  si lega alla natura, non potrei mai vivere fuori da questo contesto. Devo viverci dentro. Mi serve avere il contatto diretto con l’ecosistema circostante per capire cosa mi può dare e come cambia. Fossi nato al mare, probabilmente applicherei la stessa filosofia anche a quel contesto. Sono stato in Cile insieme a Rodolfo Guzmán a prelevare erbe e alghe per sperimentato piatti incredibili.”

Esercizio di stile a pagina 201

Michele Lazzarini scioglie dunque anche questo dubbio. Lo Chef certo, adora la montagna, ma ogni tanto, soprattutto in nome della cucina, non disdegna “una gratinata sotto un sole al burro fuso”. Parafrasando: si, al mare ci va. E anche spesso. 

Ph credits: Alex Moling 

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