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I Primi d’Italia: il festival della pasta

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Un week-end all’insegna della Pasta

Dal 29 settembre al 2 ottobre 2022 la XXIII edizione di I Primi d’Italia ha animato il centro storico di Foligno, con incontri, masterclass e stand dedicati ai primi piatti italiani e, in particolar modo, alla pasta. Di particolare interesse il primo “G20 DEI PRIMI: di che pasta siamo?”, un momento di incontro tra i protagonisti della filiera, moderato dal giornalista Luciano Pignataro.

Primi d’Italia è un festival che ancora si conosce poco all’infuori dei confini dell’Umbria, ma negli anni è diventato un vero e proprio punto di riferimento per gli amanti del carboidrato e per gli operatori del settore. Ospitato dalla splendida cittadina di Foligno, Primi d’Italia riempie il centro storico con numerosi eventi, così che la pasta possa essere assaggiata, conosciuta e approfondita da ogni punto di vista.

Una manifestazione perfetta per scoprire le più famose declinazioni regionali della pasta, con le taverne cittadine che a pranzo e a cena permettono di gustare deliziose ricette e gli stand sparsi in giro per la città, dove numerosi pastifici raccontano i loro prodotti che è poi anche possibile acquistare. Il programma è ricchissimo, con un palco allestito a lato dell’antica Cattedrale di San Feliciano dove si alternano incontri e cooking show, ma anche momenti di puro intrattenimento e divertimento, per vivere il tutto in spensieratezza.

Cronaca di due giorni in quel di Foligno

Abbiamo trascorso due giorni ad aggirarci lungo le vie del centro di Foligno, rimanendo colpiti dalla qualità dei produttori coinvolti in questo evento, imparando tante cose nuove e divertendoci. Ecco quanto abbiamo visto & vissuto.

Prima tappa: la galleria dei ‘formati di pasta più strani’, una piccola mostra dedicata alle paste più inusuali messe in commercio, ospitata all’interno del cortile di Palazzo Trinci.

La visita del festival prosegue per le vie del centro, alla scoperta del mercato di Piazza Matteotti e di Piazza della Repubblica dove si trovano gli stand dei prodotti italiani che esulano dal mondo dei primi, ma sono rigorosamente selezionati per la loro qualità. Come nel caso della piccola torrefazione Tre Ceri di Gubbio, dove Roberta presenta con passione un caffè da lavorazione artigianale e sostenibile.

Quindi si torna in Piazza della Repubblica, dove alla ‘Boutique della pasta’ è possibile conoscere i numerosi pastai coinvolti per l’occasione e comprare i loro meravigliosi prodotti. Mancini, La Pasta di Aldo, Martelli, Massi… nomi che spiccano per la qualità della loro pasta, di cui in molti casi in passato ci siamo occupati, che è bello ritrovare riuniti in un’unica sede in nome del Made in Italy e della pasta italiana.

E poi ancora a Palazzo Candiotti abbiamo imparato a fare le tagliatelle della nonna sotto la sapiente guida degli chef APCI, Associazione Professionale Cuochi Italiani e abbiamo scoperto come riutilizzare gli ingredienti poveri per dare vita a golose ricette con Annalisa Benedetti e Giusi Battaglia.

A tutto ciò ogni giorno si aggiungevano cene stellate, in compagnia di Marco Lagrimino, Errico Recanati e Katia Maccari, tre grandi interpreti della pasta in quello scenario che è il mondo dell’alta gastronomia.

G20 dei Primi: di che pasta siamo?

Ma il momento saliente è stato il primo “G20 DEI PRIMI”, il momento di incontro moderato da Luciano Pignataro, che ha riunito numerosi pastai (Granoro, Caterina, Mancini, Prometeo, La fabbrica della Pasta, Fabbri, Pasta di Camerino, Leonessa, Antica Maccheroneria e Frentana) e operatori del settore provenienti da tutta Italia per parlare dei problemi dell’attualità e ideare proposte per il futuro. Attualità che con la crisi di reperimento delle materie prime, l’aumento dei costi energetici, l’impossibilità di fissare contratti a medio termine per fare programmazione finanziaria sta mettendo in allarme gli operatori del settore.

Un summit nel quale si sono affrontati svariati temi, dove argomento principe si è rivelato essere il bisogno di un marchio che riconosca e tuteli il grano italiano, che in quanto a sicurezza e compatibilità ambientale non ha rivali. Molte le voci che si sono levate in questo senso, come quella di Giovanni Fabbri, proprietario del Pastificio Artigiano Fabbri: “Bisogna lavorare a una filiera del grano italiana, l’italianità e la qualità del prodotto che offre sono il vero valore aggiunto. Sono questi fattori che permettono di diversificarsi dai prodotti che arrivano dall’estero e che ci stanno mangiando vivi.
E ancora l’Antica Maccheroneria, che evidenzia come le aziende oggi stiano vivendo un momento di difficoltà e non ci sia un ente deputato a difenderle e a portare al vaglio di Roma le idee di coloro che producono e respirano pasta ogni giorno, gli imprenditori: “serve un tavolo che riunisca grande industria, media industria e artigianato.” Solo in questo modo è possibile mettere un freno al rischio di perdere la leadership nel confronto con l’estero.

Nel corso della riunione si è infatti evidenziato come l’aumento della materia prima inizialmente non fosse legato alla crisi russo-ucraina, ma risalisse all’estate del 2021, quando si sparse la voce che dal Canada ci sarebbe stata una forte diminuzione di grano a causa della grave siccità e di come l’importazione di grano sia necessaria in Italia, dal momento che la produzione odierna copre appena il 66% del bisogno totale.

Le richieste dei produttori

Ecco quindi le richieste dei produttori, rivolte direttamente allo Stato Italiano:

1- Dare vita ad una campagna che valorizzi il Made in Italy dal seme alla coltivazione e alla raccolta come base della nostra industria. Il tutto per mezzo di un logo che rifletta un disciplinare di qualità a garanzia dei consumatori. E una forte campagna istituzionale gestita dal ministero per incentivare la coltivazione di grano in Italia.

2-Per quanto riguarda la formazione, i pastifici chiedono una forte campagna di alfabetizzazione nelle scuole e tra i consumatori per migliorare la conoscenza della pasta dal punto di vista della qualità del prodotto e della sua salubrità ripercorrendo in qualche modo quanto fatto per il vino negli anni ’90. Anche in questo caso il ruolo delle istituzioni è fondamentale, per esempio negli alberghieri e nelle facoltà universitarie.

3-Si chiede al governo il sostegno alla richiesta di un tetto massimo del prezzo del gas, ipotesi già avanzata da alcuni paesi europei, che è la prima misura per consentire una programmazione finanziaria e produttiva sul medio e lungo periodo.

4-Si chiede al governo una drastica politica di sburocratizzazione per favorire l’accesso delle industria alle fonti energetiche alternative, iter ancora oggi complicati e lunghissimi, per andare in direzione dell’autosufficienza energetica nel rispetto dell’ambiente.

Un’iniziativa, quella di questo G20 dedicato alla pasta, il cui eco ci auguriamo vivamente risuoni fino a Roma, che fino ad oggi troppo poco si è occupata di tutelare uno dei prodotti che più identifica l’Italia e i suoi artefici, oggi afflitti da difficoltà tali da rischiare di portarli alla chiusura.

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