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STEFANO SFORZA

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Classe 1986, Stefano Sforza propone una cucina delicata, morbida e precisa nei gusti. Ricerca sempre il punto di equilibrio nobilitando ogni ingrediente. I suoi maestri? Da Pier Bussetti ad Alain Ducasse. Numerose le esperienze presso ristoranti stellati quali Bellevue di Cogne, Del Cambio di Torino, Trussardi alla Scala di Milano e, dopo i tre anni al Turin Palace, ha deciso di sposare il progetto della famiglia Cometto per approdare a Opera in qualità di Executive Chef. Qui, propone un menu vegetariano e uno più libero, Opera, in cui sfoggia tutta la sua arte e creatività.

Qual è il primo piatto di pasta di cui hai memoria?

La pasta in brodo di mia nonna è tra i miei primi ricordi. Amo mangiare la pasta sebbene in quantità più ridotte in questo periodo. La mia famiglia è per meta piemontese e l’altra veneta, mio padre è pugliese. Sono cresciuto con le tradizioni vere. Pure. Quando assaggio un piatto della “tradizione” mi aspetto determinate cose, sapori. Il senso della tradizione l’ho appreso così, assaggiando. Solo successivamente si sviluppa un proprio pensiero, ed è per questo che non amo le modifiche in quelli che sono i piatti della tradizione. 

Un piatto di pasta che ha forgiato il tuo percorso?

La pasta al pomodoro è la più pura delle tradizioni italiane. Ho deciso di proporla nel menu vegetariano come una reinterpretazione ossia una pasta scomposta che ricorda sì la pasta ma che, essendo in bianco, si trasforma poi al tavolo. Anche se in realtà la pasta al pomodoro è un piatto sfaccettato, che varia in base a diversi elementi, dalla cottura della pasta, al tipo di pasta e alla cottura dei pomodori nonché i pomodori stessi. E, sono fermamente convinto poi, che quando si parla di tradizione, bisogna fare attenzione a modificarla. 

Che tipo di pasta proponi nel tuo ristorante? E, se la acquisti, da quali produttori ti rifornisci?

Mi affido al pastificio Pietro Massi. Uso il fusillo, lo spaghetto e ho usato anche la mezza manica. Mi sono appassionato e convinto dopo l’assaggio un’anteprima dei fusilli quando ancora non erano in commercio. La texture a crudo è notevole, te ne accorgi dalle linee della pasta. La resa al palato è ottima, gustosa, si esalta appieno con la pasta in bianco. Soddisfa. Il tempo di rottura è piuttosto alto, si può lasciare la pasta “ferma” un po’ di più, è un suo punto di forza. Ha una buona tenuta, ma ad un certo punto, anche lei, dal dente passa ad essere scotta. 

Pasta liscia o ruvida?

Liscia, sebbene sia gradita una certa ruvidità. 

Formato e condimento: il loro rapporto è delicato, percepito quasi come un vincolo. È il formato della pasta a determinare il condimento, oppure il cuoco è libero di fronte a quello che, a livello domestico, può esser considerato un vero e proprio tabù?

La scelta del formato di pasta puo incidere sulla resa del piatto. Ma bisogna uscire dai canoni. Non per forza lo spaghetto deve essere alle vongole. Io il fusillo lo accompagno a patate e cozze. Il formato è abbastanza importante sulla resa e comodità nel mangiare.

Come vede la pasta del futuro Stefano Sforza?

Chiaramente piu sana, una pasta con grano di qualità, selezionato è ricercato.

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