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DAVIDE DI FABIO

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Classe 1985, nato a Milano, di origini abruzzesi, dopo sedici anni ai fornelli dell’Osteria Francescana, lo Chef Davide Di Fabio, per amore, decide di lasciare Modena. Inizia così l’avventura in provincia di Pesaro, a Gabicce Mare, alla guida della brigata del nuovo Dalla Gioconda, ristorante recentemente rilevato da Stefano Bizzarri e Allegra Tirotti, in cui propone una cucina fortemente espressiva, capace di interpretare il territorio.

  • davide di fabio

Qual è il primo piatto di pasta di cui hai memoria, quello che cucinava tua madre?

La pasta al pomodoro. Avevo 8 anni più o meno, ero a casa con mia sorella più grande, mia mamma mise sul fuoco l’acqua a bollire e la pentola con il sugo di pomodoro. Io dovevo buttare la pasta nell’acqua, cuocerla, scolarla e poi metterla dentro alla pentola del sugo. Alla fine, misi il sugo nell’acqua con la pasta e il risultato fu una pasta in brodo di pomodoro.

Quanto la tua zona di origine ha forgiato il tuo repertorio?

Tantissimo. Per quanto io sia molto legato anche al riso – sono poi nato a Milano -, l’Abruzzo è terra di grandi pastifici, di grano, di acqua… la pasta e il mio territorio hanno sempre avuto un ruolo da protagonisti nella mia vita.

Quali sono, o sono stati, i piatti di pasta più significativi nella tua storia professionale?


La pasta al pomodoro perché è stato il mio primo pasticcio in cucina.
La lasagna perché è uno dei piatti della mia infanzia.
Le virtù perché insegnano metodo e disciplina in cucina.
I tortellini perché racchiudono 16 anni della mia vita.

Tra questi qual è quello che ti rappresenta di più nella tua identità di uomo e di cuoco? E per quale motivo?

Probabilmente le virtù, ho mille ricordi bellissimi dietro a questo piatto, ricordi legati alla mia infanzia.
Le virtù hanno una lunga preparazione, che insegna come per cucinare bene ci voglia tempo, dedizione e metodo.
Un piatto dal significato profondo: di prosperità, di valori, di tradizioni e di condivisione che si tramandano di generazione in generazione; sono il riassunto della cucina italiana popolare.

  • la zuppiera

    Le virtù.

Che tipo di pasta proponi nel tuo ristorante? E, se la acquisti, da quali produttori ti rifornisci?

Le virtù, del pastificio Verrigni. Un formato misto per zuppe, un richiamo alla tradizione del 1° Maggio, cotte in un brodetto di pesce e servite all’interno di una zuppiera in un piatto dove alloggiano pesci dell’Adriatico crudi; un gioco di contrasti, di testure.
Le Linguine del pastificio Felicetti al pesto di vongole. L’unione di due piatti: la pasta alle vongole e la pasta al pesto, il segreto del pesto, per me, è l’umani del Parmigiano e del Pecorino che danno spinta a tutti gli altri ingredienti. Nella mia ricetta ho trovato questo umami nelle vongole. Anche il procedimento è diverso, non faccio il pesto a freddo, ma a caldo, per ottenere il colore verde, fissando la clorofilla del basilico cuocendolo con olio a 80°C. L’olio ottenuto viene emulsionato con acqua di vongole, pinoli, olio extravergine a crudo e un profumo di aglio; il risultato è una linguina alle vongole che sa di pesto.
I Ravioli all’italiana: ravioli di pasta all’uovo farciti di pasta al pomodoro, basilico, ricotta e mozzarella di Bufala, mantecati con acqua di pomodoro e Parmigiano Reggiano 30 mesi.
La tradizione dentro la tradizione, un piatto di pasta dentro ad un altro piatto di pasta, due culture che si uniscono: l’Emilia Romagna, terra indiscussa delle sfogline che incontra l’Abruzzo, terra di pastifici.
Sto già lavorando per il cambio menù ad un piatto che porta avanti questa idea.

Trovi che sia legittima una gerarchizzazione della pasta in base al suo formato? Mi spiego meglio: ritieni che esistano formati più popolari (da trattoria o da bistrò) e altri più elitari (da fine dining)?

Non esiste una gerarchia per me, ogni formato è uno stimolo a nuove idee, a nuove visioni e prospettive. Ultimamente ho assaggiato il  pacchero Uno.61, ha una masticazione e una digeribilità incredibili, sembra una bistecca vegetale.

Formato e condimento: il loro rapporto è delicato, percepito quasi come un vincolo. È il formato della pasta a determinare il condimento, oppure il cuoco è libero di fronte a quello che, a livello domestico, può esser considerato un vero e proprio tabù?


La pasta è la sottile linea che separa il condimento dal cuoco.

Come immagini la pasta del futuro?

Al dente.



Le foto sono di Ivan Masciovecchio per tesoridabruzzo.com

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