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Ritorno al passato: come sarà la pasta del futuro?

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di Serena Sparagna

Se in “Ritorno al Futuro II” i McFlys si riuniscono attorno ad un tavolo ed attendono che la loro micro-pizza liofilizzata si reidrati nel tecnologico Hydrator, i veri abitanti del 2023 corrono verso il passato, cercando di riscoprire una nuova cucina ancestrale, fatta di ingredienti freschi e che necessita di essere lavorata lo stretto indispensabile per conservarne i valori nutrizionali.

La pizza liofilizzata di “Ritorno al Futuro”.

Questa filosofia culinaria viaggia tra le case, si sposta nei luoghi di produzione fino a rimbalzare nelle cucine gourmet. Primo esempio dove trionfa questa nuova idea di cucina è al Reale, Tre Stelle Michelin. Al timone,  Niko Romito . I suoi Capellini laccati ai porri sono un piatto nato nel 2011 e riproposto in carta per il menu invernale 2022. Un esempio lampante di come l’impiego di pochi e semplici ingredienti possano donare lustro. Protagonista una pasta finissima, impreziosita dall’assoluto di porro ed estratto di alloro. 

Maestra indiscussa del foraging è  Antonia Klugmann. Emblematici i suoi Spaghetti fragola e aglio orsino. Nelle sue preparazioni la pasta viene esaltata con ingredienti del tutto naturali e poco elaborati che hanno fatto di questa ricetta un signature. Qui i sapori ancestrali sono ripensati, trovando una collocazione gourmet grazie all’utilizzo della tecnica che deve elevare e mai smantellare il gusto di un ingrediente.

antonia klugmann
Spaghetto fragole, pomodoro e aglio orsino.

La pasta del futuro

Nel 2049 l’Agente K tornando a casa riscalda il suo cibo “visivamente insaporito” da nostalgiche e ologrammiche patatine fritte. Nel presente, 26 anni prima di quello che speriamo non sia un film premonitore, la Barilla, sta cercando di creare un futuro dove il cibo occupa un ruolo interattivo, diventando forma d’ arte e d’espressione. Più di quanto non sia già. Attraverso l’utilizzo di stampanti 3D – nuova frontiera della tecnologia alimentare – ha creato formati di pasta più accattivanti ed invitanti unendosi alla start-up Blurhapsody . L’intento di creare questo cibo avanguardista si traduce in un nuovo linguaggio culinario, dove viene scardinato il ruolo della pasta come “cibo da posata” posizionandosi nella categoria finger. Con l’utilizzo della tecnologia da un unico spaghetto si possono modellare forme, numeri, slogan e test tutti edibili, con tempi di cottura singolarmente collaudati.

Importantissime, le etichette. Il consumatore sembra essere sempre più attento alla composizione degli alimenti, da qui, anche la necessità di utilizzare farine alternative. Che sia la pasta integrale, ormai sdoganata, di farro, ceci o lenticchie. In particolare, le farine di legumi vantano moltissimi nutrienti. Quella di fagioli, per esempio, è ricca di potassio, magnesio, calcio, zinco, fosforo, selenio e vitamine del gruppo B. Inoltre sono proteiche e senza glutine, prestandosi dunque a diete che necessitano di questa tipologia di macro nutrienti. Il kamut invece, è un alimento molto energetico e fornisce un lento rilascio di zuccheri nel sangue, assicurando all’organismo energia a lungo termine. La discreta presenza di fibre, infine, facilita la funzionalità intestinale. Si rivela dunque l’ideale per chi soffre di sindrome del colon irritabile. 

Etichetta delle Mezze Maniche N°17 – Pasta Pietro Massi.

La lista  delle “nuove farine”, inizia ad allungarsi sempre di più. Ma non solo: vi è la riscoperta dei grani antichi come per le busiate Molino Ferrara. Viene prestata sempre maggior attenzione alla provenienza delle farine e come vengono processate. Esempio lampante di quanto sia importante ridefinire il concetto di produzione lo dà la Pasta Pietro Massi

Ma cosa sta succedendo, dunque?

Il consumatore inizia a domandarsi da dove proviene il cibo e sopratutto, quali effetti possa avere a lungo termine e come implementarlo nella dieta al fine di ottenere uno stile di vita più salutare.

Dagli anni 80 ai primi 2000, l’emblema del progresso si traduce in cibo del futuro il più innaturale, tecnologico e processato possibile. Oggi l’Homo Salutaris cerca di impedire l’Armageddon gastronomico perché, diciamocelo, nessuno vuole essere Bruce Willis nel finale.

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